venerdì 25 gennaio 2013

Coppi e il diavolo


Parlare di un libro di Gianni Brera è sempre difficile.
Si rischia sempre di cadere nell'ovvio.....parliamo di chi ha inventato il linguaggio giornalistico-sportivo moderno, un monumento.
Ma questo è un libro che dà di più di quello che uno potrebbe immaginarsi.
Non elenca vittorie, palmares, giri, tour....sono lasciati lì sullo sfondo, a far da cornice alla vicenda umana di Fausto.
Sì, perchè Brera ci fa conoscere l'uomo Coppi, ne veniamo a conoscere quasi l'anima.
Le sue origini, la sua forza, le sue debolezze.....il suo essere, oltre che il primo ciclista moderno, anche uomo moderno.
Brera è stato uno dei grandi cantori di Fausto, leggetevi questo suo articolo del 1949

Parigi, 26 luglio.
Così l'ha fatto il buon Dio che se tu lo vedi all'impiedi, uomo come tutti gli altri, costretto a mantenersi umilmente in equilibrio, la tua presunzione non se ne adonta.
La prima impressione
Su due spalle stranamente esili s'innesta il capo che neri e lisci capelli, quasi mai pettinati, paiono rendere allungato a dismisura. E il collo, che pure è sottile, quasi si perde nella secchezza della mandibola e nella nuca folta di capelli. Il torace, per una anomalia che è invece funzionale e a tutta prima non ti spieghi, via via che scende, ingrandisce, lo sterno pare carenato come negli uccelli.
Ancora ogni normale linea anatomica viene smentita in lui da un improvviso dilatarsi delle anche, dall'assenza totale di un ventre che minimamente sporga, da una brevità del tronco allorché l'uomo è all'impiedi, che rende vistosa assai la solida falcatura delle reni. E poi queste reni brevi e potenti non paiono terminare, prosaicamente, in glutei, ma subito si continuano in cosce di inusitata lunghezza in cui balzano evidenti muscoli sciolti e affusolati. E sottili, nervose sono le ginocchia, snelli i polpacci, agili le caviglie.
Come lo vedi camminare quest'uomo, subito egli ti sembra goffo e sproporzionato, non fatto, direi, per muoversi in terra, come tutti. Il suo passo, alla ricerca di un equilibrio malagevole e difficoltoso è quasi stentato e sghembo. Le braccia, assai gracili, spiovono inerti, impacciate dalle spalle non larghe. E la tua presunzione non se ne adonta. Piccolo comune uomo quale sei, non ti entra al suo cospetto nell'animo l'amaro dell. umiliazione fisica, quel senso di inferiorità che subito intimidisce e anzi talvolta annichila come di fronte all'atleta esteticamente bello e possente.
Per comprenderlo
Per questo, forse, l'istinto induce subito ad ammirarlo. Le sue imprese sportive, quali che siano, acquistano sempre luce epica: perché l'uomo normale giustifica con l'eroismo, cioè con doti morali non sue, le superiori prodezze di chi gli appare simile.Tuttavia Coppi, fuori da ogni dubbio, uomo normale non è. E vi accorgete di questo vedendolo non già camminare, come noi tutti, bensì quando è in sella e pedala.
Ora, per comprendere Coppi, bisogna assolutamente invertire i rapporti funzionali della bicicletta nei confronti dell'uomo. In fondo, la bicicletta altro non è che una povera bonaria concessione alla nostra ansia di andare. Dunque uno strumento. Non avesse avuto i gusti estetici che sappiamo, amando per conseguenza il cavallo come il miglior modello dopo l'uomo, forse Leonardo avrebbe concepito l'idea della bicicletta dopo aver inventato il differenziale. La costruirono invece, utile, ma certo antiestetico complemento della loro natura comune, uomini che il genio non innalzava. E rimase poi sempre com'era, nel suo concetto fondamentale: un aiuto alle nostre povere gambe negate al moto veloce. Uno strumento suppletivo. Sinché non venne allo sport Fausto Coppi.
Congegno di muscoli
La struttura morfologica di Coppi, se permettete, sembra un'invenzione della natura per completare il modestissimo estro meccanico della bicicletta. Coppi in azione non è più un uomo, del quale trascende sempre i limiti comuni. Coppi inarcato sul manubrio è un congegno superiore, una macchina di carne e ossa che stentiamo a riconoscerci simile. Allora persino i suoi capelli che il vento relativo scompiglia, paiono esservi per un fine preciso: indicare la folle incontenibile vibrazione del moto.
Il volto affilato e nervoso è un completamento della dinamica meravigliosa cui pure obbedisce il torace a carena. Le braccia sono due aleroni d'attacco. Non altro. Dalle reni ampie e falcate, dalle anche robuste si partono i muscoli che conferiscono alle gambe di Coppi quell'aspetto di leve disumane. Nel giro uniforme della pedalata, questi muscoli schioccano come elastici or tesi or rilassati con arte sagace e il brillio dei raggi, nelle due ruote, entra per la sua parte a creare uno spettacolo di meccanica facilità e di umana vigoria che conquista.
Allorché agile procede sul piano, l'abusata immagine della locomotiva che avanza per alternarsi di bielle in rotazione ti viene imposta da Coppi. Allorché, dondolando ritmicamente sui pedali, si attacca ad una salita e tu vedi Coppi al di là di ogni umano limite rinnovare l'antica bellezza dei miti più non osi guardarlo se solo pensi che egli è, come te, uomo. Più non osi per non sentirti a petto suo, troppo meschino. E allora pensi spontaneo esaltarlo come un fenomeno unico dello sport: ed esaltarti in lui che, grandissimo e ineguagliabile campione, è almeno, come te, italiano. 

Due grandi, Fausto Coppi con la bicicletta, Gianni Brera con la penna.....

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